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User-experience: il manuale di sopravvivenza del designer

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La User-experience in tutte le sue sfaccettature è parte integrante dell’esperienza di navigazione degli e-commerce in circolazione.

Ma, sarebbe interessante sottrarla al suo habitat naturale ed inserirla in contesti diversi rispetto ai tipici come l’esperienza utente di un sito web o la progettazione di un’app. Decontestualizzare la UX experience consente di mettersi in discussione come designer, capirne ulteriormente la fattibilità e soprattutto comprendere ed essere pronti a nuove sfaccettature.

Questo però è possibile prendendo in considerazione il modello AARRR. 

Ne hai mai sentito parlare?

Sarebbe un modello che deriva dall’acronimo di: Acquisition, Activation, Retention, Referral e Revenue e si utilizza per descrivere sempre il customer journey di un utente che ha come touchpoint uno di questi obiettivi. 

Nello specifico questo modello indica:

  • Acquisition (acquisizione): l’utente arriva sul sito da diversi canali. Ads, wom, motore di ricerca. Possiamo creare ad esempio un blog in ottica SEO per uscire tra le prime ricerche organiche di Google;
  • Activation (attivazione): l’utente ha la prima esperienza diretta con il prodotto. Si iscrive, ad esempio, alla newsletter, possiamo inserire all’interno di un sito un banner con una CTA molto più grande del previsto, per richiamare l’attenzione del visitatore;
  • Retention (mantenimento): usa il prodotto o l’applicazione da noi creata, più volte. Molti consigliano, per ottenere questo momento del funnel, di fare leva sul senso di colpa dell’utente. Facendo leva sulle sue emozioni e su delle promesse legate all’app o al prodotto non mantenute, si può ottenere questo touchpoint molto facilmente;
  • Referral (referenza): il prodotto o l’app è così apprezzata, da ricevere il feedback positivo del WOM offline e sui social. Ma ciò non avviene attendendo che il miracolo avvenga, e perciò bisogna dare una spinta all’azione attraverso un richiamo, una CTA coraggiosa che inizia con “Condividi; invita; Facci sapere che ne pensi…”. L’importante è che alla fine, ci sia un benefit, un premio per chi lo fa;
  • Revenue (ricavo): l’utente vuole acquistare. Qui si deve ragionare con la filosofia della “carota/bastone“, dare un assaggio agli utenti di quello che possono avere facendo un abbonamento, usando la versione plus di una determinata app. Fondamentale è dargli un assaggio, del nostro massimo, per poi essere meritevoli del loro acquisto quando sarà scaduto il tempo.

Prima di questo modello però, la maggior parte degli UX Designer, deve fare i conti con tante difficoltà del caso: tra cui il budget ristretto ed il poco tempo a disposizione. 

Così come nella vita, anche nel lavoro, dovrà adattarsi alla situazione ed avere un proprio manuale di sopravvivenza che andrà oltre l’intenzione degli utenti e che convoglierà nell’incontro di un terzo attore: il cliente. 

Scopriamo come procedere, nel prossimo paragrafo.

UX Design: essere smart per “sopravvivere” 

Una volta scoperto quali sono i primi passi da seguire, quello che bisogna fare è prendere in considerazione un proprio modus operandi per restare sempre in focus ed ottenere efficacia snellendo il processo.

Partiamo con gli step:

    • Face to face con il cliente: tutti i progetti iniziano con un brief dove il cliente spiega le sue necessità e di cosa ha bisogno. Questa è una fase molto importante, durante la quale si deve fare una grande attenzione. L’UX Designer deve sempre guidare il cliente durante il brief poiché le sue richieste possono non essere realizzabili. Bisogna per questo essere onesti ed essere degli ottimi problem solver per dare un piano B, altrettanto soddisfacente alla sua idea. Durante il brief è quindi fondamentale andare a scavare in superficie e comprendere tutti gli aspetti non chiari. In particolar modo, bisogna capire quali sono gli obiettivi che vuole raggiungere. Gli obiettivi permettono già di comprendere il pericolo! In aiuto, viene il design thinking. Attraverso questo, si forniscono soluzioni pratiche e per applicarlo, bisogna chiedersi: “ciò che vuole il cliente, risolve il problema?” ed anche “quello che lui ritiene un problema, lo è realmente?” Non bisogna aver paura di essere realistici e critici con il cliente, anzi, spiegando le falle si otterrà la sua fiducia. Questo lo possiamo ottenere anche utilizzando il framework SMART, di George Doran. Il quale sostiene che un obiettivo può essere raggiungibile se è specifico, misurabile, eseguibile, realistico e relativo ad un timing specifico. Quindi, fare questa verifica, non vuol dire screditare il cliente, ma mostrare autorevolezza attraverso la gentilezza ed il rispetto, oltre che serve alla nostra salvaguardia;
    • User Research: un UX designer bravo e preparato svolgerebbe questa profonda analisi di fondo dei competitor e degli utenti. Però, se non abbiamo budget o tempo bisogna fermarsi e…trovare il secondo step da seguire! A tal proposito, studiamo i competitor, mettendoci in discussione, apprezzando la qualità laddove ci sia ed usandola come ispirazione, vediamo i migliori siti e cerchiamo di capire la struttura, il motivo di determinate scelte, dei colori e del TOV utilizzato e prendiamo ispirazione capendo anche cosa si dobbiamo assolutamente evitare per ridurre al minimo gli errori. 
    • Flusso degli utenti: questo è un passaggio fondamentale che consente di capire tutti i probabili percorsi che compirà l’utente. Ad esempio: l’utente parte da un sito web, accede – con Facebook, Gmail o con ICloud? Il flusso degli utenti è un vero e proprio storytelling, un mind mapping fluente che consente di uscire dalla propria testa e ragionare esattamente come farebbe un utente. Empatia is the key, signori! Quindi, una volta compresi i flussi delle azioni concatenate che gli utenti possono compiere, vengono messe in pratica attraverso la Information Architecture. Quindi il flusso è il treno, la IA è il binario, per capire al meglio l’esempio;
    • Creiamo le schermate: in base allo storytelling che abbiamo creato nella fase precedente, possiamo procedere con la messa in pratica di questo viaggio. Ma…anche qui, attenzione! Per procedere in maniera coerente dobbiamo dare una grande importanza ai pattern. Partendo dal presupposto che ogni utente necessita di stare nella sua comfort zone e si sente più a suo agio quando un’interazione con un sito o un’app è simile all’interazione a cui è solitamente abituato, bisogna prendere in considerazione questa variabile. La soluzione? Capire le abitudini degli utenti e prendere spunto dalle aziende leader con le migliori UX experience in merito. Perché quindi sprecare tempo a creare un pattern ed una soluzione ex novo, quando si può comprendere qual è quella migliore a cui gli utenti sono abituati? La nostra soluzione valida può essere ibrida e responsive allo stesso tempo. Bisogna trovare una scelta idonea per gli utenti, e far sì che tutto funzioni alla perfezione. 
    • Colori e font: non ci sono delle regole adatte. Si può usare un colore unico o un colore unito ad un altro per evidenziare le azioni da dover compiere e a questo si potranno aggiungere dei colori secondari, in base alle necessità. Per quanto concerne i font, invece, due font sono gli ideali perché uno sarà usato per il titolo e l’altro per il testo. Questo perché gli aspetti grafici lavorano sull’emozioni delle persone.
  • Sei quasi salvo…è ora di presentare il lavoro! Questa fase è importantissima e sarà necessario comunicare al nostro cliente tutti i risultati in maniera chiara e la coerenza delle nostre scelte che dimostrano solidità alla base. Bisogna chiedersi prima cosa il cliente si chiederà ed eliminarli tutti i dubbi possibili, bisogna essere semplici, veloci e cercare di mantenere l’attenzione del nostro ascoltatore per tutto il tempo. Si parte mostrandogli: i competitor, i nostri flussi, le ispirazioni ed il prototipo che abbiamo creato, una simulazione testabile del prodotto. Bisogna procedere poi, nella seconda parte del brief, mostrandogli anche le User Personas, ossia i consumatori ideali, realizzando delle vere e proprie carte d’identità con il nome, una breve biografia, l’età, la professione, le esigenze ed una citazione che lo rappresenti. Con queste, potremmo realizzare delle proto-personas che permetterà allineamento del team e chiarezza sul target. Condividerlo con il cliente, ci permetterà di capire se anche lui è allineato all’idea che abbiamo avuto in mente di progettare. 

In quel momento, dopo una presentazione accattivante, come UX Designer saremo inattaccabili e saremo pronti a ricominciare di nuovo per un’altra avventura!

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